INTELLIGENZA ARTIFICIALE e DIRITTI UMANI

Rimane alta l’attenzione per il rispetto dei diritti fondamentali quando si ricorre all’uso della intelligenza artificiale, che di certo rappresenta il futuro – già presente – della tecnologia e della ripresa economica e nella trasformazione digitale in numerosi settori.

E’ di questi giorni la dichiarazione di gruppo di organizzazioni della società civile rivolta all’Europa per chiedere una legge sull’intelligenza artificiale (AI) che metta in primo piano i diritti fondamentali.

La dichiarazione, redatta da European Digital Rights (EDRi), (insieme a Access Now, Fondazione Panoptykon, epicenter.works, AlgorithmWatch, European Disability Forum (EDF), Bits of Freedom, Fair Trials, PICUM e ANEC) elenca le raccomandazioni essenziali per guidare il Parlamento e il Consiglio dell’Unione europea nel modificare la proposta di Regolamento del 21.04.2021 che disegna un quadro di riferimento legale volto a normare il mercato dell’Unione Europea dell’IA.

La proposta di “Regulation on a European approach for Artificial intelligence“ ha l’obbiettivo di plasmare la legislazione europea sull’intelligenza artificiale (“IA”), armonizzando, quindi, la normativa applicabile caldeggiando l’innovazione, la sicurezza e la tutela dei diritti individuali.

Si vuole oggi richiamare l’attenzione dell’Europa sull’impatto negativo dell’AI quando è governata in modo scorretto; evidenziando gli effetti negativi dell’uso del riconoscimento facciale e sistemi simili oggi utilizzati che comportano una sorveglianza biometrica di massa. Si richiama l’attenzione sull’uso discriminatorio dell’AI che ha facilitato la deportazione di persone in movimento e negato loro l’accesso a servizi vitali come l’assistenza sanitaria e la sicurezza sociale. Ed ancora si evidenziano come l’uso di sistemi di polizia predittiva abbiano portato ad un aumento dell’over-policing di comunità razziali, della classe operaia e degli immigrati.

La dichiarazione si può consultare al link

https://edri.org/wp-content/uploads/2021/12/Political-statement-on-AI-Act.pdf

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il nuovo codice delle comunicazioni elettroniche

Il nuovo codice delle comunicazioni elettroniche entra in vigore alla vigilia di Natale e avrà un impatto a 360 gradi per mercato e consumatori.

E’ stato pubblicato, nella Gazzetta Ufficiale n.292 del 9 dicembre, il decreto legislativo 207/2021 dell’8 novembre 2021, che attua la direttiva (UE) 2018/1972 relativa al Codice europeo delle comunicazioni elettroniche.

Il decreto legislativo dispone in materia di: reti e servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico, comprese le reti utilizzate per la diffusione circolare di programmi sonori e televisivi e le reti della televisione via cavo; gruppi chiusi di utenti; reti e servizi di comunicazione elettronica ad uso privato; tutela degli impianti sottomarini di comunicazione elettronica; servizi radioelettrici.

La struttura del codice esige una certa abilità dell’interprete perché dovrà districarsi tra i testi modificati e quelli rimasti in vigore. Il Dlgs 207/21, infatti, è costituito da un maxi-primo articolo che sostituisce gli articoli da 1 a 98 del Codice delle comunicazioni elettroniche (Dlgs259/2003) e da altri cinque articoli che si riferiscono principalmente alla diversa collocazione degli allegati al codice, rispetto alla numerazione adottata in precedenza, dai criteri per la Procedura di nomina del Presidente e dei Commissari dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

Le novità riguardano il termine dei contratti internet (24 mesi), i poteri sanzionatori per AGcom e il Mise, i prezzi delle frequenze, gli edifici con bollino banda ultra larga.

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Tutti i grandi sono stati bambini

“Tutti i grandi sono stati bambini, una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano)” (Antoine De Saint-Exupery)

Novembre è stato un mese in cui ogni adulto – volendo – ha potuto cogliere la fragilità del mondo dei bambini, fatto di diritti enunciati e di diritti negati.

Il panorama delle notizie di cronaca è davvero vasto e coinvolge la vita reale e quella virtuale: dalla tragedia del bimbo di un anno morto assiderato nella foresta al confine con la Polonia a quella della richiesta di censurare la serie Tv “Squid Game” considerata pericolosa da migliaia di genitori. Squid game, infatti, ha avuto un successo enorme tra i giovani, che hanno deciso di riprodurla nella vita reale ed in particolare a scuola, con conseguenti atti di violenze e di bullismo o di esclusione dal gruppo.

Una quotidianità in cui si inserisce, il 20 novembre, la celebrazione della Giornata mondiale dei diritti dei bambini. Dalla Dichiarazione dei diritti del fanciullo (1959) e dalla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (1989) l’enunciazione dei 10 diritti fondamentali dei bambini: il diritto a giocare e a non lavorare, ad avere una casa ed una famiglia, alla salute e alla alimentazione, all’uguaglianza all’educazione ed infine ad esprimere la propria opinione.

Nella realtà, invece, la negazione dei diritti è evidente: la malnutrizione, la chiusura delle scuole, il lavoro minorile, i matrimoni precoci e forzati. Index 2021 di WeWorld sottolinea come la crisi climatica (con inondazioni, deforestazione, inquinamento idrico ed atmosferico, siccità) incida negativamente sui diritti dei minori in particolare sul diritto alla salute. In una condizione di vulnerabilità ambientale, i bambini sono maggiormente esposti al rischio di subire violenze, sono più facilmente vittime di sfruttamento, devono rinunciare alla scuola, soffrono di disturbi mentali e sono costretti alla migrazione.

La pandemia ha coinvolto gravemente i bambini privandoli soprattutto della scuola, con gravi ricadute sull’inclusione dei minori dal punto di vista dell’istruzione. “L’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia IL FUTURO E’ GIA’ QUI “, redatto da SAVE THE CHIDREN presenta nei dettagli la situazione italiana.

D’altro canto, la pandemia ha velocizzato lo sviluppo della tecnologia e il suo utilizzo anche da parte dei giovanissimi. Da qui, l’’attenzione alla tutela dei minori in rete che ha portato all’ aggiornamento della Raccomandazione sulla protezione dei bambini su internet adottata dal Consiglio OCDE il 16.2.2012. Il nuovo testo contenuto nella Raccomandazione del Consiglio OCDE sui bambini nell’ambiente digitale, è stato presentato ufficialmente a Parigi il 18 novembre 2021.

L’ambiente digitale è stato, in effetti, riconosciuto come essenziale nella quotidianità dei bambini. Le recenti statistiche dimostrano che la percentuale dei giovani che accedono alla tecnologia è cresciuta in modo esponenziale; attraverso il digitale si accede a nuovi canali per l’educazione, a spazi di creatività e modi di interazioni sociali, però la rete presenta seri rischi, quali ad esempio, cyberbullismo, sextortion e violazioni della privacy.

Il nuovo testo della Raccomandazione OCDE vuole offrire un aiuto ai Governi per realizzare azioni efficaci a garantire un ambiente digitale sicuro e vantaggioso per i bambini, per assicurare un equilibrio delicato tra il concretizzarsi delle opportunità che vengono offerte dal digitale e la protezione contro i rischi connessi al suo utilizzo. La presentazione è stata l’occasione per discutere con le parti interessate gli sviluppi e le migliori pratiche politiche; inoltre ha offerto un focus su due questioni chiave della Raccomandazione: la prima concerne la privacy e i dati online dei minori; mentre la seconda riguarda il ruolo delle parti interessate per garantire un ambiente digitale sicuro e vantaggioso per i bambini.

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IL LEGISLATORE ITALIANO “ASCOLTA” LA CORTE DI LUSSEMBURGO E MODIFICA IL CODICE PRIVACY

ADEGUATA LA NORMA PER ACQUISIRE I TABULATI TELEFONICI

Nella scorsa primavera la Corte di giustizia dell’Unione europea ha pronunciato una sentenza in una vicenda che riguardava l’Estonia (Grande Chambre 2.03.2021/ causa C-746/18 /  Direttiva 2002/58/CE Comunicazioni elettroniche) –  che ha richiamato l’attenzione dei giuristi italiani, in virtù degli effetti diretti e riflessi sul sistema processuale italiano (https://www.unionedirittiumani.it/news/data-retention-e-giustizia-penale/ )

Preso atto della urgenza di garantire lo svolgimento delle indagini in modo corretto alla luce dei principi enunciati dalla Corte di Lussemburgo, il Governo italiano è intervenuto con Decreto Legge n. 132 del 30 settembre 2021 recante “Misure urgenti in materia di giustizia e di difesa, nonché proroghe in tema di referendum, assegno temporaneo e IRAP

E’ stato preventivamente acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali, come dispone il regolamento (UE) 2016/679 e il D.Lgs 18.05.2018, n. 51, attuativo della direttiva (UE) 2016/680.

La penna del legislatore ha integrato e modificato l’art. 132 del Codice in materia di protezione dei dati personali (D.Lgs. n. 196 del 2003) affidando al giudice (come evidenziato dal Collegio europeo) il potere di intervenire nella sfera delle libertà della persona.

La modifica è stata necessaria per garantire la possibilità di acquisire dati relativi al traffico telefonico e telematico per fini di indagine penale ed in particolare di circoscrivere le attività di acquisizione ai procedimenti penali aventi ad oggetto forme gravi di criminalità e di garantire che dette attività siano soggette al controllo di un’autorità giurisdizionale.

La novella prevede che l’acquisizione dei dati presso il fornitore, avvenga esclusivamente con decreto motivato del giudice su richiesta del pubblico ministero o su istanza del difensore dell’imputato, della persona sottoposta a indagini, della persona offesa e delle altre parti private. In caso di urgenza è prevista la nota procedura del decreto del PM seguito dalla convalida del giudice.

Devono sussistere SUFFICIENTI indizi di reato e le indagini devono riguardare l’accertamento di reati puniti severamente (ergastolo o reclusione non meno di 3 anni) oppure si deve trattare di forme gravi di minaccia e di molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono. Rimane fermo il rispetto del termine di conservazione dei tabulati presso il fornitore previsto per legge.

L’ultima parte della norma richiama le modalità di esercizio dei diritti dell’interessato (affermati negli artt. 15-22 GDPR 2016/679) garantite nel Codice privacy,

COVID 19 – VACCINO e DIRITTI UMANI: la Corte di Strasburgo risponde

Il vaccino contro il COVID 19 e il sempre più diffuso obbligo di somministrazione animano un intenso – e talvolta violento – dibattito in tutti i paesi che cercano soluzioni per gestire la pandemia.

Continua il difficilissimo bilanciamento dei diritti dell’essere umano.

In questa prospettiva è stato invocato l’intervento della Corte di Strasburgo.

I primi giorni di settembre 2021 la Corte dei diritti umani ha ricevuto 2 ricorsi contro la Grecia, presentati da 30 professionisti sanitari (pubblici e privati) che lamentano la violazione degli artt. 2-3-4-5-6-8 e 14 CEDU a seguito dell’operatività della legge n.4820/2021 con la quale la Grecia ha introdotto l’obbligo di vaccinazione per poter continuare ad esercitare la professione sanitaria.

I ricorrenti hanno anche chiesto alla Corte di applicare le misure provvisorie previste dall’art. 39 del Regolamento e di sospendere immediatamente l’applicazione della legge.

Tempestivamente, il Giudice incaricato ha confermato la linea già espressa nell’analoga richiesta dei vigili del fuoco francesi (ECHR n. 243/2021 del 25 agosto 2021) ) e così ha rigettato la domanda di misure provvisorie considerandola ultronea rispetto allo scopo fissato nell’art. 39 del Regolamento che prevede la misura d’urgenza in via eccezionale e solo nel caso in cui il richiedente – in assenza di tale misura – correrebbe  il rischio di un danno irreversibile (“applicants would otherwise face a real risk of irreversible harm”).

La Corte dei diritti umani ha voluto ricordare che le misure d’urgenza dell’art. 39 del Regolamento non comportano alcuna valutazione della ricevibilità del ricorso nè tanto meno del merito della questione prospettata (ECHR n. 266/2021, 09.09.2021).

In sintesi, la decisione sulla misura d’urgenza non è una decisione nel merito delle violazioni della Convenzione Europea dei Diritti Umani .